domenica 5 dicembre 2010

ToscanaLab ad Arezzo: imparare, scoprire, capire dove stiamo andando…

Questo week end abbiamo imparato, scoperto e capito un sacco di cose ad Arezzo, grazie a ToscanaLab:
Abbiamo imparato che il futuro è più trasparenza; più partecipazione (we think); più informazione; più ascolto; più condivisione; più local, più community, e più global.
Abbiamo scoperto che il web 2.0 significa più competitività; più apprendimento collaborativo e più cultura digitale. E che da tutto questo, non si può prescindere.
Abbiamo capito che il mondo, oggi, è formato da nativi, indigeni e migranti digitali.
Questo week end abbiamo imparato che dalla vecchia politica, dalla vecchia impresa, dai vecchi valori e dai vecchi sistemi, non stiamo ereditando un buon modello. Quando per buono, s’intende funzionale per il futuro.
Ma abbiamo anche constato che la vecchia politica, la vecchia impresa, i vecchi valori e i sistemi usati, sono quelli che tuttora ci governano.

Abbiamo capito che al 90% del nostro mondo della politica e della nostra impresa, non importa imparare quello che abbiamo imparato noi questo week end. Data la vistosa assenza.
E ci dispiace, perché abbiamo capito che - per una volta, ad Arezzo - si parlava di prospettive e di futuro.
Ma abbiamo scoperto che c’è un 10% della classe politica e imprenditoriale, a cui le prospettive e il futuro importano.
Abbiamo anche scoperto che nella nostra città, ci sono delle aziende che fanno business con Palo Alto. La connection Arezzo/Silicon Valley ci ha entusiasmati.
Abbiamo capito che grazie al web 2.0 esistono nuove opportunità.
Abbiamo capito che grazie alla creatività “connettiva” esistono nuove opportunità.
Abbiamo capito che grazie all’”Urban Experience”, esistono nuove opportunità.
Abbiamo imparato, dati alla mano, che… si… la famiglia è in crisi, ma che la “framily” (unione fra family e friends) è in ascesa e che la globalizzazione sta prendendo la strada della società 2.0. La collaborazione è il futuro.
Questo week end abbiamo capito che gli over 50 sono esageratamente sensibili alla sfera privata. Ma anche che gli under 25 non lo sono affatto. La dimensione sociale è la nostra dimensione. E abbiamo capito che questo è un punto fondamentale da cui ripartire.
Abbiamo capito che nel sistema dei consumi, grazie alla rete, sono entrati nuovi paradigmi: l’user generated, su tutti. Più che i soldi, domani, conteranno le idee. E sarà quella la fonte per monetizzare.
Abbiamo capito che le idee, al contrario dei soldi, non ci mancano.
Abbiamo capito che la “sociocultura” di oggi, ha bisogno d’individui che sappiano interagire a livello valoriale, virtuale e fisico. Perché la vita in rete e la vita off-line, oramai, non hanno più alcuna differenza. Si sono integrate.
Abbiamo ripetuto che c’è la crisi, che esistono svariati problemi, che abbiamo paura. Ma che le nuove generazioni hanno una marcia in più rispetto a quella che guida questo paese: una mentalità forgiata sulla cultura del rischio.
Abbiamo capito che internet è un’area di lavoro. O come si dice in gergo, un framework.
Abbiamo capito che stanno nascendo decine e decine di nuovi lavori in rete. Talmente tanti che l’offerta supera di gran lunga la domanda.
Abbiamo scoperto che uno di questi nuovi lavori si chiama Personal Digital Vip. Ci pare un nome simpatico.
Abbiamo scoperto che la rete cresce, si evolve, si riempie di risorse in ogni istante trascorso.
Abbiamo capito che i nuovi lavori hanno una caratteristica che quelli comuni non hanno: l’abbattimento del rapporto lavoro/tempo libero. E abbiamo capito che Clay Shirky, col suo “surplus cognitivo” aveva proprio ragione.
Abbiamo capito che è caduto il principio di autorità. E che se ancora esiste qua e là, è alla canna del gas. Abbiamo capito che “il Re è nudo”. E siamo notevolmente felici della cosa.
Abbiamo capito che la comunicazione e l’informazione, non è più ascoltare e basta un fatto.
Abbiamo capito che l’intelligenza o è collettiva, o non esiste.
Abbiamo imparato quanto sia importante costruirsi un proprio “personal branding”, perché ognuno di noi da oggi è una microcelebrità.
E abbiamo scoperto, che se uno lo vuole ed è fortunato, ogni passione può diventare monetizzabile.
Abbiamo scoperto che la generazione, la nostra generazione di ventenni e trentenni, si chiama millennial generation e che solamente in Italia, nell’arco di neanche dieci anni, saremo quasi 20 milioni. Una cifra consistente.
Abbiamo scoperto che invece di leggere Gramsci, dovremmo leggere Chris Anderson (direttore di Wired Usa).
E poi abbiamo scoperto che a dirlo è Dino Amenduni, responsabile delle campagne elettorali di Nichi Vendola. Finalmente!
Abbiamo scoperto che internet ci regala l’ubiquità.
Abbiamo scoperto che la nostra mentalità è digitale per forza di cose. E abbiamo capito che ormai siamo integrati con la tecnologia. Integrati in maniera irreversibile.
E allora abbiamo capito fino in fondo, che non investire in banda larga è un po’ come spararsi nelle palle da soli.
Abbiamo iniziato a realizzare che uno dei problemi, in Italia, è generazionale. E che se chi “dirige” in questo momento, non ha la chiave di lettura per il mondo del futuro, è necessario che tolga il disturbo.
Abbiamo capito che dobbiamo “lucidare” le antenne.