lunedì 6 dicembre 2010

Federico Batini: "L'università ha bisogno di studenti affamati di cultura! Perché va bene protestare, ma il problema è come farlo!"

Intervista a Federico Batini, professionista conosciuto in città più per il suo impegno nel settore della cultura e dell'organizzazione di eventi (è direttore di Pratika e Nausika), che per il suo lavoro principale, quello di ricercatore in pedagogia applicata all'Università degli studi di Perugia! Ed è proprio sull'argomento istruzione, che è stata costruita l'intervista...buona lettura!

Intervista a Federico Batini, professionista conosciuto in città più per il suo impegno nel settore della formazione e dell'orientamento, della cultura e dell'organizzazione di eventi (è direttore di Pratika e Nausika), che per il suo lavoro principale, quello di ricercatore di pedagogia sperimentale (con forte vocazione alla ricerca sul campo) all'Università degli studi di Perugia! Ed è proprio sull'argomento istruzione, che è stata costruita l'intervista...buona lettura!

Dopo una lunga chiacchierata, ho capito che l’università italiana si fonda, come dice una recente ricerca di Batini e Surian (collega dell'Università di Padova) sul Paradosso del Mentitore, che dice: “data una proposizione autonegante come ‘Questa frase è falsa’, nessuno riuscirà mai a dimostrare se tale affermazione sia vera o se sia falsa. Se, infatti, fosse vera, allora la frase non sarebbe veramente falsa. Se invece la proposizione fosse falsa, allora il contenuto si capovolgerebbe.

Vediamo di essere un po’ più precisi: Federico Batini è ricercatore a tempo indeterminato. E ci riesce solamente dopo un tragitto lungo e pieno d’insidie. Tanto per dirne una: non vince il primo concorso. Il perché della bocciatura è il vero nocciolo della questione. La motivazione del perché gli scritti sono stati giudicati negativamente è sintomatica: esegue un esame eccellente, ma il suo lavoro è ritenuto "troppo interdisciplinare!"

Ti hanno spiegato cosa volessero dire?


"Mi hanno spiegato che dovevo citare più autori specifici del settore, quando ne avevo citati moltissimi da differenti settori (compreso quello pedagogico), l'incredibile è proprio che sia ritenuto un disvalore ciò che in molte altre nazioni è ritenuto un valore aggiunto. Forse dovevo fare altro, ma mi sono limitato a pensare che la cosa fosse molto divertente! e mi sono ritirato prima di fare l'orale."

E’ paradossale…

"I miei campi di ricerca principale sono l’orientamento e le narrazioni, l'orientamento narrativo e la didattica…se non avessi un approccio interdisciplinare, non saprei come portare avanti le mie ricerche. Per tornare al paradosso citato, prendendo sempre il mio campo da esempio: abbiamo assistito ad anni in cui le scienze dell'educazione hanno studiato, scomposto, analizzato la didattica, formulato proposte e teorie, spiegato quali possano essere metodi efficaci e coinvolgenti senza poi, nella stragrande maggioranza dei casi, utilizzarli questi metodi proprio nella didattica universitaria in cui la lezione frontale è assolutamente prevalente".

E’ un po’ come se l’università, mentisse a se stessa…quello che propone, lo autonega a sua volta…!

"Esatto! un paradosso come quello del: fate ciò che dico e non ciò che faccio..."

L’assunto del paradosso è applicabile a tutto ciò che gravita intorno al mondo universitario?

"Proviamoci…"

Partiamo dalla protesta…

"Approvo gli studenti, ma vorrei che associassero all'indignazione per i tagli dei fondi, una protesta sulla didattica inadeguata e sul livello di chi hanno di fronte! Perché non si arrabbiano quando una persona che dovrebbe essere di altissimo livello (un ordinario guadagna bene ed è un alto ufficiale della repubblica), non offre loro nulla? Quando le lauree specialistiche sono calchi delle triennali, quando un esame è troppo facile e non si impara quasi nulla?"

Una protesta monca, dici tu….

"Vorrei, mi piacerebbe che gli studenti protestassero anche per avere una didattica ad alti livelli, per la meritocrazia in università. Mi viene da dire: studenti siate più egoisti. Chiedete una formazione d’eccellenza. I ragazzi sono in piazza e questo è un bene. Però non posso mettere la mano sul fuoco su una questione basilare: tutti sanno esattamente per cosa sono in piazza?"

Un parere che ti darà delle grane…

"Grane ne ho sempre avute, comunque stai attento: io sono sempre contento quando i ragazzi si attivano. Io stesso ho fatto molti scioperi, anche senza capire bene per cosa. Alla fine, questa mia attività da “scioperante inconsapevole” mi ha aiutato a costruirmi una coscienza critica a non dare nulla per scontato, a coltivare il dubbio. Da un adesione emotiva, si può arrivare ad un giudizio autonomo e alla fine a un pensiero critico e proprio. Quindi ritengo positivo che si vogliano appropriare dell'Università... è un inizio".

Cosa non credi sia chiaro agli studenti?

"Un esempio… Bersani sui tetti! Come sai io non ho mai aderito a nessun partito, ma ho un orientamento politico personale di sinistra. Tuttavia gli studenti sanno che il centrosinistra italiano ha una responsabilità storica sui problemi dell’università (e dell'istruzione)? Che ha una responsabilità sul merito, sull’accesso, sulla gestione degli atenei? Per farla breve, vorrei che gli studenti usassero quest’occasione per comprendere e magari lo stanno facendo, non ho una visione completa, non ho letto tutti i loro documenti, evidenzio solo le mie speranze, ma nessuno può e deve spiegargli che cosa pensare, almeno non io... quindi sto alla finestra e guardo".

Insomma, la riforma è il minore dei mali?


"No, non direi esattamente così. Direi che questa riforma è fatta male, quindi è un male. Dove vuole arrivare? Vuole arrivare al ridimensionamento del potere dei baroni. Che in teoria, è una cosa buona. Il problema è come vuole farlo…"

Come vuole fare?


"Condivido con le dichiarazioni del ministro il fatto che il vero problema sono i metodi di reclutamento, secondo il ministro Gelmini, però, si risolve semplicemente attraverso dei concorsi nazionali! Perché, come sanno tutti, con quelli a sistema “locale”, in vigore sino ad oggi, ci si “accorda” meglio! Questo però non è vero! Gli ordinari di un settore disciplinare, non sono mica così tanti: spostare il concorso da locale a nazionale, non impedirebbe a nessuno di questi “ordinari” di impostarli ancora una volta pre-decisi, attraverso una sorta di “voto di scambio”".

Detto in concreto?


"Il nuovo metodo nazionale consisterebbe nell’estrazione di 4 ordinari, che decidono per tutta Italia in quel preciso settore scientifico disciplinare (e comunque fornendo solo un'abilitazione). Ora mi chiedo…se gli ordinari sono in gran parte responsabili di un reclutamento schiavo di un sistema baronale e tu Gelimini sostieni questo, allora cosa stai facendo? Dai agli stessi il potere di decidere a livello nazionale? Quando, per di più, a estrazione possono essere scelti anche i peggiori professori d’Italia".

Una curiosità…sono tutti così “fasulli” i concorsi?


"Alcuni sono improntati sul merito…ma pochi, pochissimi. Credo si possa dire che nel 98% dei casi, ci sono pre-accordi! Quando vai a un concorso sai già i nomi di chi vincerà".

Gli interessi di un ordinario pugliese, su Milano, potrebbero essere più deboli…


"Effettivamente l'idea è questa che diventi più difficile, se fai un concorso nazionale, mettere d’accordo tutti. Ma non pensare che gli ordinari di una disciplina siano così tanti, talmente tanti da riuscire a evitare un accordo fra loro, un voto di scambio all’insegna del patto tacito (o esplicito) “Io oggi aiuto te, tu domani…”. Ma la vera soluzione è l’inserimento per merito. Chi entra per merito, riprodurrà dei meccanismi per merito, chi entra seguendo altre logiche riprodurrà quelle logiche.".

E questo è chiaro… ma se la soluzione non è quella di spostare il concorso da una dimensione locale, a una nazionale, cosa dovremmo inventarci?

"Se vuoi modificare l’università, devi "rimettere in pari" i meriti. Non è realistico retrocedere chi è già all’apice e va bene. Questo è assodato. Però puoi innescare dei meccanismi di avanzamento".

Ma come sceglieresti chi avanzi e chi no?


"Basterebbero 3 esperti internazionali per ogni settore scientifico disciplinare (settori che, sono d'accordo, vanno ridotti e accorpati). Loro di certo non avranno favori da farsi fare o restituire ai colleghi italiani. In tre potrebbero fare la valutazione di tutti gli associati e i ricercatori, valutandoli per quello che hanno fatto (ricerca, didattica, altro...), oltre che esaminandoli. Che esito dovrebbe avere? Riposizionare tutti. Tizio è ricercatore, ma secondo i fatti, potrebbe essere un ordinario? Bene, diventa ordinario, indipendentemente dall'anagrafe. Al contrario, se è poco capace, che rimanga bloccato per cinque anni nella posizione in cui si trova".

Sarebbe una buona rivoluzione, ma il paradosso del mentitore incombe…

"Dici bene: una buona rivoluzione. Innanzitutto perché promuoveresti una serie di persone che hanno un curriculum adeguato. Secondo perché chi avanza, proposto per il merito, ripeterebbe il metodo che lo ha promosso nei confronti della generazione successiva. Terzo: perché sarebbe una buona rivoluzione e a costo zero; la percentuale di ordinari che andrà in pensione è tale che tu, agendo sulla risistemazione dei professori che già sono inseriti, manterresti sostanzialmente il costo che hai oggi".

Quali sono i veri problemi che affliggono l’università di cui non si parla mai?

"La classe dirigente di questa nazione non comprende la fascia fra i trenta e cinquant’anni. Questo è un problema di cui non si parla mai! In Italia, chi manda avanti la baracca, anche e soprattutto nell’università (ma si vedano le Camere), ha dai 60 agli 80 anni. Ma dove vogliamo andare?"

Com’è potuto succedere? C’è stata anche Tangentopoli di mezzo…

"Tangentopoli ha eliminato la prima e la seconda fila…ma ha lasciato in piedi la terza. E così, ancora ci governa chi comandava negli anni ’80. Quella generazione ha deciso di riservare per se tutti i privilegi e di togliere tutto alle generazioni successive. E questa è la causa della nostra incapacità di programmare il futuro. L’Italia e la sua università, come fanno ad avere prospettive, se a comandare c’è chi può ragionare solamente a brevissimo periodo, vista l’età?"

L’Italia è ferma agli anni ’80 in pratica…


"Si! E secondo me è per questo che Renzi e i suoi “rottamatori”, hanno molto fascino. Perché finalmente, e provocatoriamente, stanno cercando di affrontare un problema vero, di cui nessuno vuole parlare! Un problema che ci porterà a un vero e proprio conflitto sociale".

Poi? Di quali problemi non parliamo?

"Legato a quello che ti ho appena detto…c’è il problema della creatività. Le neuroscienze ci dicono che il massimo della creatività di una persona è fra i 25 e i 30 anni! Se va bene, nel nostro paese, entri in un’università solamente dopo aver compiuto i 35! In pratica, inizi a dare il tuo contributo, proprio quando il meglio che potevi dare è già andato alle ortiche. Io compio quarant'anni da poco e sto ancora lavorando sulle intuizioni che ho avuto nel mio primo libro. Io, che per inciso, sono un ricercatore, ora mi sentirei di gestire altre persone, più che di essere ... un giovane promettente".

Come fanno degli accademici, delle persone che studiano, che conoscono, a non capire una cosa del genere?

"Perché chi ha una certa età, da che mondo è mondo, tende alla conservazione! Non è una colpa è normale."

Vista da questa prospettiva, la situazione è ancora più drammatica…


"Ti propongo un gioco: vai a vedere Galileo Galilei e Leonardo Da Vinci nell'iconografia che li rappresenta. Quelle immagini che tutti conosciamo. Sono vecchi, barboni, mezzi decrepiti. Poi vai a vedere quando hanno fatto le loro scoperte più grandi! Quando erano dei semplici ragazzini! Vai a vedere tutti i grandi della scienza del ‘900. Vai a vedere Bertrand Russell, Einstein, Eisenberg, Goedel. Vai a vedere tutti i grandi e a quanti anni hanno fatto le loro scoperte più importanti".

Gioco interessante, ma proseguiamo sulla strada lastricata dai problemi…


"La scuola e l’università non devono normalizzare le persone. Ma prepararle a essere pronte a confrontarsi sul futuro. E invece, ci si concentra proprio sulla normalizzazione. Siamo al paradosso di nuovo: ad esempio, il sistema dell’istruzione dovrebbe preparare le nuove generazioni al futuro, ma le persone che gestiscono il sistema dell’istruzione pensano che sia ancora attuale proporre contenuti che andavano bene per loro! Eppure, persino io, un "giovane quarantenne" secondo i nostri canoni, fatico a capire i motivi di una fascia adolescenziale! E mi domando: figuriamoci un sessantacinquenne che non sa neanche cosa sia Facebook…"

Anzi, il sessantacinquenne spesso critica chi usa Facebook…


"A chi critica chi sta su internet, chatta con l’altra parte del mondo, manda sms, e-mail, messaggi sui social network, facendo tutto nello stesso momento, vorrei fare una proposta… ci provi anche lui! Perché devi pensare che saper scrivere col calamaio, serva per affrontare un futuro in cui i calamai non ci saranno più? O abbiamo un approccio dogmatico alla realtà, oppure dobbiamo dire che i processi di educazione e formazione servano a prepararsi al futuro. Io posso anche voler vivere nel medioevo – liberissimo di farlo – ma so anche che le generazioni che sto preparando devono avere determinati strumenti e abiteranno il futuro".

E invece…

"E invece, negli ultimi vent’anni sono state fatte più scoperte scientifiche, che negli ultimi 2000. E come può spiegarci queste novità un barone settantenne?!? Cosa potrà capire del web 2.0? Come potrà riconoscere i nuovi metodi comunicativi di Barack Obama, o la vera portata di Wikileaks? Potrà capire, per tornare al livello locale, ad Arezzo, le novità? La Fabbrica del Sole, ad esempio. Potranno capire un’impresa iniziata da un gruppo di ventenni? Io un giorno, se sarò ricordato per qualcosa (dubito), sarà per l’orientamento narrativo. Ecco, io ho avuto quell’intuizione a 26 anni, nel 1997... poi per sistematizzarla, certo, ce ne sono voluti altri dieci almeno. Secondo te, quando presentavo il mio lavoro, una persona che aveva studiato 40 anni prima e che era ancorato a quelle idee, poteva capire cosa stavo dicendo? poteva accettare che fosse buona e adeguata l'idea di un ragazzino (se sono un giovane a 40 ... a 26 ero un ragazzino)?"

Non si possono uccidere tutti però…

"No, non ho volontà di uccidere nessuno... però si può unire la capacità d’innovazione dei giovani, con l'esperienza e la capacità di sistematizzazione dei vecchi."

Cos’è che determina il futuro di un paese?

"La classe politica e chi produce conoscenza, istruzione e formazione. Questo è quello che produce il futuro. Se produci una conoscenza vecchia, è già tutto finito in partenza...
non offri gli strumenti e le basi sulle quali produrre novità."

Problemi, problemi, ancora problemi…diciamoli tutti…


"La diffusione della cultura. E’ uscito un libro da Guanda, si chiama “Logicomix”. E’ uno dei più bei libri di divulgazione scientifica che abbia letto. Potrebbero studiarci sopra gli studenti, non vedo perché non dovrebbero. Forse perché è un fumetto? Ora, v’immaginate un settantenne che adotta come libro di testo una graphic novel? Può esserci, certo, ma sarebbe un'eccezione."

Mmmm…conoscendone alcuni, non credo proprio! Continua…

"Torniamo alla riforma. Un’altra cosa sbagliata del testo, secondo me, è quella di eliminare la figura del ricercatore, trasformandola in figura precaria. Dovremmo avere ricercatori giovanissimi, che innovino. E come ti dicevo prima, dei professori che siano in grado di prendere quelle innovazioni sistematizzarle e proporle nel mondo dell’università. Chiaramente, dovremmo avere ben presente il problema del merito anche qui: quindi il ricercatore, quando dice ‘ma io ho fatto quindici anni di formazione…ora dovete prendermi’ sbaglia. Se li hai fatti male? Se non hai mai vinto un concorso? Non tutte le professioni si possono basare sull’anzianità di servizio, specialmente quando vai a influenzare sulle altre persone. Un insegnante ha una responsabilità diretta, tanto quanto quella di un chirurgo o di un politico".

Quindi…ricercatori competenti e professori come megafoni…

"Non solo, non solo... chiaro che quando hai avuto delle intuizioni a 25 anni poi ci devi fare sopra ricerca, lavorarci e per fare un lavoro serio possono occorrere anche 30 anni. E poi ci dovrebbero continuare ad essere i grandi saggi (i grandi saggi, tra l'altro, non hanno mai paura dei giovani e del dissenso... anzi!). E attento, grandi saggi, non necessariamente grandi vecchi. E una classe sia politica, che universitaria, che abbia ai veritici dai 40 ai 60 anni massimo".

Ma non si può sistematizzare una cosa del genere…

"Ma scusa, esistono le quote rosa? Una provocazione: facciamo anche le quote anagrafiche. Quanti parlamentari over 60 possono entrare dentro il parlamento? Il dieci per cento? Ok. La stragrande maggioranza, però, dovrebbe essere della classe anagrafica– chiamiamola – di mezzo".

Insomma…ci sarebbero tante cose da fare…


"Si, però se, ad esempio, un ospedale non funziona…che cosa si fa? Lo butti giù? No, prendi in mano il problema, lo affronti, normalizzi la situazione investendo (e punendo chi ha prodotto danni sugli altri) e magari, col tempo, riesci anche a renderlo eccellente. Perché con l’università non si fa lo stesso ragionamento? Se funziona male bisogna investirci con regole certe per farla funzionare meglio, non tagliargli le risorse del tutto. La sensazione di controllo e la percezione di potersi costruire un futuro è influente persino sulla salute fisiologica, quindi è anche un problema sanitario e sociale quello della formazione, dell’istruzione e della cultura. Investire in queste aree significa risparmiare notevolmente su quelle altre. L’esempio dell’ospedale, non era a caso!"

Ultima questione, i soldi…


"L’Italia non investe abbastanza, anzi investe pochissimo. E' un errore enorme. Anche se a guidarci fosse un interesse biecamente economico, investendo su ricerca, cultura e istruzione, un ritorno sarebbe assicurato. Quindi basta pensare all’istruzione e ai ragazzi che ne usufruiscono come un problema. Sono La risorsa, con l’articolo determinativo davanti. Gli studenti stanno protestando per questo: perché lo stato per loro è un po’ come un padre che ti manda in officina a lavorare a 15 anni, anziché a scuola, perché dice che non ha i soldi per permetterselo.... e poi ti torna a casa con una Mercedes. Come biasimare il figlio che per questo diventa un po’ irrequieto?"

In effeti…come? Sarebbe paradossale biasimarli…!

"Consapevoli di questo, i giovani dimostrino la loro vera fame di cultura, di ricerca, di istruzione e formazione ad altissimi livelli, ne abbiamo bisogno tutti!"