giovedì 10 febbraio 2011

Il 'cannocchiale' della cultura. Quesito annoso: il sole gira intorno ad Arezzo, o è Arezzo che deve fare la 'rivoluzione' intorno al sole?



“Chi guarda nel cannocchiale e vede cose diverse da quelle che vedo io è sempre uno che può insegnarmi molte cose, e lo leggerò con l'atteggiamento del discepolo che vuole capire ciò che ancora non gli è chiaro” 
Antonio Capizzi 


‘Perché?’. Eravamo rimasti qua! Semplicemente, a un 'perché?’ interrogativo: avverbio che introduce una domanda. E con una domanda, si richiede una motivazione, o lo scopo di un’azione! Dire ‘perché?’, ha una sua forza lessicale. Un suo potere svelante. E' come un cannocchiale! Fa guardare alle cose, parlare, discutere, anche incazzare. E credo che proprio questo sia successo con il nostro, di ‘perché?’.

Da quando, solo due giorni fa, abbiamo chiesto 'perché?' sulle politiche culturali della nostra città, in tanti hanno ‘svelato’ la loro idea, che a sua volta ha fatto parlare, discutere, anche incazzare. E allora mi è venuto in mente di fare un passo in avanti: “Se ci si limita a registrare una conversazione qualunque e poi la si ripete sulla scena, è impossibile stare ad ascoltarla. Sarebbe ridondante. Il buon scrittore di dialoghi, è quello che vi dà l'impressione di un vero discorso”. Un tizio che ho studiato all’università, Mankiewicz, mi ha dato lo spunto, riscrivere il vostro dialogo fatto di commenti e rilanciare la discussione, dando l’impressione di un vero discorso!

In pochi giorni, cannocchiale alla mano, molte cose sono state reinterpretate, perché molte voci si sono alzate e molti commenti hanno portato a qualcosa di nuovo. Si sono messe le basi per un dialogo, speriamo il più costruttivo possibile. Ora, però, entriamo nel particolare!

La prima questione da guardare da vicino è stata lanciata dal Criticone, nostra vecchia conoscenza, secondo cui: “Gli aretini, anche quelli che si lamentano, anche coloro che amano la cultura e che capiscono l'importanza economica degli investimenti culturali, sono responsabili. Non c'è solo la politica pubblica nella palude del conformismo e della cura del proprio orto. C’è anche la paura. L’inerzia”.


Questione importante, perché se è vero quello che dice Timothy Taylor, un archeologo inglese, a riguardo, il nostro discorso si fa complicato: “La forza creativa della cultura cerca di resistere alla novità”. Questo è un paradosso, che declinato alla nostra realtà è particolarmente calzante. Analizziamo bene le parole (che, ripeto, sono importanti): la paura, non ha bisogno di specificazioni; l’inerzia, invece, è la proprietà meccanica che determina l'opposizione alle variazioni dello stato di moto. La combinazione di questi due fattori, in effetti, fa si che tutti coloro che operano nel fantasmagorico mondo della cultura ad Arezzo, facciano questo ragionamento: “Quello che faccio io, il mio evento, è la cosa più figa del mondo (inerzia, che determina l’opposizione alle variazioni) e la difenderò fino alla morte, a spada tratta (difesa a causa della paura di venire surclassati da qualcosa di nuovo)".

Io stesso sono perfettamente convinto (ehm…ingenuamente convinto…scusate!) che l’Orlandino sia lo strumento di approfondimento e dibattito migliori che ci sia in città. Così, come sono convinto che quanto me, lo saranno anche i redattori de La Nazione, quelli del Corriere di Arezzo, di ArezzoNotizie, d’InformArezzo e così via… E magari, in questa maniera mi/ci precludiamo tutta una serie di collaborazioni e sinergie, o influenze, o rilancio di dibattiti, per non dire di cambiamenti che potrebbero farmi/ci arrivare a qualcosa di meglio.

Insomma, l’atteggiamento: anche l’atteggiamento di chi fa cultura in città, evita lo svelarsi della novità. Ferma la forza motrice della creatività e innesca il suo paradosso, l’immobilità. Quindi, via a un altro ‘perché’: Perché non guardare al di là del proprio naso?

Marco Tulli pone un altro interessante punto di vista: testuale, spiega: ”Il problema è sempre il solito...L'ASSEDIO...se fuori non c'è movimento, dentro non ci potrà essere movimento...

L’assedio era una tattica bellica. Invece di combattere, chi metteva in atto un assedio si poneva lo scopo di isolare chi lo subiva in modo che questi non potessero più avere comunicazioni con l'esterno, mettendolo nelle condizioni di non essere in grado di ricevere rifornimenti di cibo o di mezzi. Traslando la tattica ad Arezzo, e quindi ponendo l’accento sul fatto oggettivo che siamo isolati da tutto il resto del mondo, mi chiedo: ‘Perché’ siamo sotto assedio? Perché non riusciamo ad avere una comunicazione con il movimento ‘di fuori’? Di chi è la colpa? E soprattutto…perché non riusciamo ad uscirne?

Matteo Bonicolini, una delle voci più interessanti apparse su l’Orlandino, è convinto che su due punti in particolare dovremmo porre la nostra attenzione: il primo, è la possibilità di coinvolgere i cittadini e i giovani a produrre attivamente lavoro, grazie all’ausilio dell'‘appeal' culturale. Mentre il secondo, di punti, è la constatazione che molti vedono la cultura, la tecnologia o gli eventi propositivi in generale, come un prodotto da acquistare o scegliere, anziché come qualcosa alla quale partecipare alla sua produzione attivamente.

Matteo pone, innanzitutto, una questione fondamentale per il nostro futuro: unire ciò che noi intendiamo come cultura, alla tecnologia. Questo perché? Perché la tecnologia digitale, sta accelerando il sistema di relazione tra la cultura e la sua comunicazione, aprendo delle prospettive inedite. E noi a quelle prospettive, dovremmo starci dentro. O come minimo iniziare a immaginarcele.

Almeno noi, almeno i cittadini semplici, senza ruoli particolari, ma che tengono ad Arezzo, perché come dice sempre Matteo: “La tecnologia attuale permette di produrre cultura anche senza il supporto di un ente pubblico (quindi senza una spesa pubblica, dato che basterebbe lo spirito critico dei singoli).Il fatto che un lavoro sia pubblico e riutilizzabile ne permette il controllo e, soprattutto, la verifica”. Un’altra questione su cui riflettere, infatti, è che la cultura da diffondere deve produrre domande, la gente deve essere critica, consapevole e sopratutto ‘produttiva’, poiché gli strumenti attuali permettono al singolo di produrre materiale e di collegarlo con un mondo più ampio.

Una domanda ancora…’perché’ non proviamo a dare retta agli ‘smanettoni’?

E per finire, andando intelligentemente sul pratico, Filippo Gallo sottolinea di condividere diverse cose della lettera, ma non tutto: “Perché ok cultura come sistema industriale (anche se quando la politica parla d’industria mi preoccupo sempre), ma proprio per questo, mi sembra un'analisi che vada verso un aumento dell’offerta, senza stimolare la domanda. E secondo me bisognerebbe partire proprio dalla seconda!" 

Ora, poniamo a questo punto di vista, un assunto: la cultura è ciò che ci rende umani e questa è cosa universalmente condivisibile! E allora, ‘perché’ l’offerta supera la domanda ad Arezzo? E soprattutto, come fare per aumentarla?

Armando Cherici, ex assessore alla cultura del nostro comune, dal canto suo ha commentato così l'articolo: “Chi amministra una realtà di base, quale una città, deve tenere nella dovuta considerazione la cultura rivolta al largo pubblico, dato che si rivolge indistintamente a un po' tutti i livelli sociali. In più – ha proseguito Cherici – visto proprio il largo pubblico, può anche indurre benefit economici da far ricadere sul territorio. Credo che esplorare tali orizzonti sia un dovere per un amministratore”.

Perché non esploriamo tali orizzonti? Perché ci accontentiamo? 

Perché, come ha chiosato Ambrogio (nome chiaramente fittizio) e come anch’io voglio chiudere il discorso (per oggi!): “Qualcuno ha detto ultimamente che la "cultura non si mangia"....bene....dietro una orchestra che suona ci sono stipendi, frutto di studio e di lavoro, poi se vogliamo dire che un musicista è uno che vive di un hobby, va bene, ma il custode di un teatro no!!! Fa il custode!!! Ecco....anche solo lui, grazie alla cultura, ha un lavoro e quindi...MANGIA!”

Cultura significa crescita, sviluppo, educazione, evoluzione.... 

Questo è quello che ho visto, dando un'occhiata col cannocchiale!

PS: Vi segnalo un’interessante iniziativa di Federico Batini, che propone su Facebook la stesura di un possibile “Programma per la Cultura ad Arezzo”, scritto con le idee che vi frullano in testa! Dateci un’occhiata e soprattutto…per rimanere in tema...siate produttivi!

PPSS: A Firenze un giornalista del Corriere Fiorentino, Edoardo Semmola, da un po’ ha lanciato un ciclo di tavoli di lavoro, più che di appuntamenti, molto utili a chi promuove eventi e fa cultura nel capoluogo toscano. Si chiama “Un palco per Firenze” ed è un ‘luogo’ dove si ritrovano a parlare di ‘cultura’ tutti i settori del tessuto fiorentino: quindi i politici, certo, ma anche le forze dell’ordine, le imprese, i giornalisti, le associazioni, i sindacati, chi della cultura ne usufruisce, il settore dei servizi, i giovani, gli anziani…e così via! Ad Arezzo, fino ad oggi, di questo tema che interessa (ve lo assicuro, conferma ci sono gli accessi al blog di questi giorni!), sembra quasi che gli unici ad avere il diritto di stare ad un tavolo e parlarne siano i ‘proponenti’ e la politica, quando forse c’è bisogno del contributo di qualcun altro. Come lo vedreste un lancio di “Un palco per Arezzo?”