venerdì 4 febbraio 2011

Francesco Marcantoni, Ceo di Esimple: "Il nostro segreto? Immaginare qualcosa che non esiste! Il web 3D era il tassello mancante di internet? E noi l'abbiamo inventato!"



Avete mai passeggiato in un centro commerciale virtuale? Provato a centrare il tabellone del Buratto con il gioco della Giostra del Saracino on-line? O due lanci in porta sul vostro iPhone, con l’app che simula il Subbuteo? Ecco, se lo avete fatto, potete ringraziare una società aretina, la Esimple!

Appena ho aperto il vostro sito mi è caduta sotto agli occhio la frase: “Il futuro appartiene a chi osa, sii il primo, sii diverso, sii innovativo!”. E già mi piacete un sacco!

“Alla fine non facciamo altro che ricercare su internet delle novità, il futuro. E una volta trovato lo decliniamo in qualcosa di nostro. Cercando anche di seguire sempre le leggi del mercato e del marketing”

Quindi, sognare, ma stando ben saldo coi piedi per terra! La filosofia dell'intervistato, Francesco Marcantoni, il giovane a capo della società sin da quando è nata, nel 2001; quando ancora, il nome, era Net Style…

“Ad aprile di quell’anno io e Marcello Comanducci, decidiamo di aprire una società che si occupasse di siti dinamici e di grafica pubblicitaria. Ci venne quest’idea, dopo aver visto la situazione...”

Qual era la situazione?

“Il confronto qualità/prezzo non esisteva. Magari potevi spendere milioni e milioni di lire e poi avere un prodotto in mano di scarsissima fattura. Secondo me è a causa di questo momento pieno di speculatori, la causa per cui le aziende aretine sono molto restie, ancora oggi, a investire nella propria comunicazione in rete”

E adesso la situazione? E’ migliorata, o ci sono sempre i venditori di aria fritta in giro?

“Diciamo che agli albori di internet, ad Arezzo c’è stata una ‘bolla’ virtuale. La gente l’ha presa nel di dietro, come si suol dire, e ora fa molta più attenzione a fare investimenti in questo campo. Ma è proprio questa ‘bolla’ che ha portato alla quasi eliminazione di chi lavorava male. Oggi sono rimaste solamente realtà d’eccellenza. Penso alla Sintra Consulting, alla Exprimo Design, a noi…,”





Le aziende aretine, quelle che sfruttano internet, lo fanno come si deve?

“Guarda, noi lavoriamo al 90% fuori Arezzo. Posso dirti che le aziende della nostra città sono ancora un po’ indietro. Ti faccio soltanto un esempio: molti tipi di aziende, in testa prevalentemente gli orafi, sono fissati con i siti in Flash (che è tutta immagine e niente sostanza, roba che andava di moda diversi anni fa), che Google non indicizza neanche! E non essere indicizzati, più o meno, significa non esistere, in rete”

Ok, parentesi chiusa e torniamo a noi. Dieci anni fa aprite Net Style! Qual era la differenza fra il vostro lavoro e quello dei webmaster responsabili della ‘bolla’?

“Grafica pubblicitaria, siti web dinamici, siamo stati i primi a portare ad Arezzo il CMS, acronimo di 'sistema di gestione dei contenuti'. Facevamo prodotti in Flash per le presentazioni aziendali, fotoritocchi. Insomma, tutti servizi che oggi sono all’ordine del giorno, ma dieci anni fa no”

Dove avevate imparato a fare tutto questo, quando ancora non lo faceva nessuno?

“Eravamo degli appassionati che per lo più si occupavano di grafica pubblicitaria. Tutto qui! Lo facevamo per divertimento. Eravamo dei semplici autodidatti, che investivano in passione, ore di studio e una continua ricerca autonoma”

Quindi dieci anni fa parte Net Style…poi?

“Poi entra nella società anche Gabriele Maidecchi, il primo vero programmatore entrato a far parte dello staff! Insomma, ci allarghiamo e cerchiamo di stare al passo con i tempi”

Finché?

“Finché fra il 2004 e il 2005 iniziamo a occuparci di terza dimensione, il 3D”

E fate bingo!

“Iniziamo, creando immagini inesistenti; oggetti irreali, in ambienti reali. Il mercato nel locale era praticamente a 0. Apriamo una collaborazione con uno studio di produzione per una trasmissione di Rai2. Si aggiunge un'altra testa allo staff, Francesco Gallorini”

E poi, a seguire, uno dei vostri fiori all’occhiello, un centro commerciale virtuale…

“Nel 2007, paralleli a Second Life, ci viene in mente l’idea di un centro commerciale virtuale, Virtuy. All’inizio doveva essere un portale, poi ci siamo chiesti se la vera idea innovativa, non fosse vendere oggetti veri, dentro a un ambiente finto. E così nasce Esimple”

E in effetti è stata la vera idea innovativa... 

“Si, ma quando siamo partiti il problema era quale tecnologia utilizzare”

Non esisteva ancora una tecnologia adeguata?

“No, come, a livello burocratico, non esistevano le autorizzazioni per il commercio on line. C’era un gap a livello di leggi”

E quindi? Cos’avete fatto?

“Volendo vendere anche prodotti alimentari, orafi, insomma, i più disparati, ci siamo dovuti prendere le licenze per ogni tipo di commercio. Lo stesso problema è sorto quando abbiamo portato lo statuto della società, perché era troppo generico rispetto alla vendita di prodotti. Poi è arrivata Mediashopping, e sono stati risolti tutti i problemi burocratici che esistevano fino ad allora nel commercio on-line...”

Insomma, a livello di tecnologia, burocrazia, autorizzazioni e licenze, deve essere stato un vero dramma…

“Abbiamo perso quasi un anno per tutti questi problemi”

Ma avete continuato imperterriti…

“Abbiamo rischiato, perché abbiamo lavorato senza nessuna prospettiva sicura di guadagno. Poi c’è stato un anno e mezzo di sviluppo, il software beta pubblico e da settembre 2008 siamo on line. I primi in assoluto, su un prodotto del genere”

E ora?

“Eh…diciamo che all’inizio è stata dura, perché quando vai a ragionare con le multinazionali, hai il problema di essere quattro ’signor nessuno’ di Arezzo. Ora però sviluppiamo per General Electric, che ha voluto una sua concessionaria virtuale. Con la Lego, con Interflora, la D-Link. In questo momento stiamo ultimando dei lavori importanti per Heineken e Natuzzi”

Oltre al centro commerciale, su cosa lavorate?

“Le altre cose che si sono aggiunte, ad esempio, sono le applicazioni per gli smart phone. Il simulatore del Subbuteo, un gioco per Heineken, all’interno di una campagna che uscirà fra qualche mese…cose così”

Insomma, ampie prospettive…

“Si, ma siamo ancora nella situazione peggiore, perché le prospettive sono grandi, ma ancora il rischio rimane alto”

Quanto sono grandi queste prospettive?

“Stiamo lavorando per attivare una sede in Canada, a Montreal, perché abbiamo trovato delle partnership. Poi siamo in contatto con Madrid, per creare un ambiente 3D per l’e-learning…insomma, ce la caviamo…”

Multinazionali, uffici in Canada…ma qualche contatto con la Silicon Valley?

“Ci sono stato. Là, l’apertura di società come la nostra è più facile, perché tendono a promuovere aziende con un grande carattere innovativo. Pensa, esistono degli “incubatori tecnologici” dove puoi comprare uno spazio fisico, per avere contatti con tutti i big, della Silicon Valley”

Da noi perché non esistono questi incubatori?

“BancaIntesa ci aveva presentato come ‘progetto innovativo’ ad alcuni investitori. Ma in Italia, ancora, non viene capita la portata del progetto, perché chi ci mette i soldi, fino a ieri era abituato a comprare case, non cose che non esistono”

Anche in America però fino a qualche anno fa investivano in cose concrete…

“Si, ma per dirti la mia esperienza, io ero là in vacanza. Un giorno mi sono detto: “Vado a dare un’occhiata”. Lanciata l’idea, sono stato nell’’incubatrice’ tutto il giorno a parlare con gli investitori, dalla mattina alla sera, senza aver preso contatti prima di allora, o essere stato presentato da nessuno. Ti sembra una cosa possibile in Italia?”

E se decidessero di investire su di voi gli americani?

“Guarda, là c’è tanta competizione. In migliaia presentano un prodotto. Investono su 100 e 3 progetti diventano Facebook. Il percorso per arrivare a qualcuno che ha voglia di sentirti è difficile, ma una volta che ti ascoltano...! Conta anche che il 90% di questi progetti, là, sono spin off universitari”

Un consiglio agli sviluppatori che si vogliono lanciare in questo mercato…

“Partano dal presupposto che quello che c’è oggi, fra due anni sarà vecchio”

Ah…vorrei parlare di un vostro gioco cult…la Giostra del Saracino…

“E’ nato come una sfida interna: era dal 2002 che avevamo i domini della giostra del Saracino”

Li avete soffiati così, sotto il naso a tutte le istituzioni cittadine?

“Si, diciamo che chi se ne doveva occupare, stava a guardare un po’ i muri”

Divertente...continua…

“L’idea è stata un po’ osteggiata, non tanto dai quartieri (che, anzi, hanno collaborato, accogliendo con grande interesse il nostro progetto), quanto da alcune istituzioni…”

E perché?

“Per faccende di marchio”

Voi però proseguite, e fate il gioco lo stesso, che alla fine esplode in rete!

“Ha fatto più di 30.000 visitatori soltanto nel periodo di giugno. Sono state 16.000 le giostre on line finite. Calcola che quelle iniziate e non portate a termine, saranno state almeno 50.000. Addirittura il Chiericoni è stato disponibile a registrare gli annunci…guarda, ci siamo divertiti un mondo…a proposito, voglio ringraziarlo pubblicamente”

E ora, ci sarà la Giostra 2, la vendetta?


“Ora vogliamo implementare nuove feature e migliorare altre caratteristiche tecniche. Ma fra un po’, perché non è nato come un progetto a scopo di lucro. A proposito, ma lo sai che tantissime persone, o sono venute direttamente qua in ufficio, o ci hanno scritto, chiedendoci se era da noi che potevano acquistare il gioco! Quando scoprivano che era gratuito e on-line, ci rimanevano quasi male”

Ma come si fa un gioco?

“Devi disegnare il concept. Decidere come si deve comportare il sistema. Poi inizia la parte di modellazione e l’ottimizzazione e a seguire sviluppi tutta una serie di programmi per farlo funzionare. Poi attacchi la parte grafica a quella di programmazione e il gioco è fatto. Lo provi, vengono fuori dei bug, li correggi. E così via…”

Sintetico ed efficace… senti, qual è un punto di forza della nostra città?

“Il primo punto di forza che mi viene in mente? La qualità della vita, relativamente alle grandi città. Solo per questo non ci muoveremo mai. Anche se solo ci spostassimo a Milano, triplicheremmo il risultato”

Tutte le aziende innovative che sto sentendo, dicono quello che mi dici tu: rimaniamo, anche se andandosene sarebbe più facile…

“Certo, perché Arezzo, di contro ha delle infrastrutture dei trasporti pessime: dall’autostrada (soprattutto per chi lavora con il nord...mi riferisco all'Appennino), ai treni, senza parlare dell’aeroporto. Siamo tagliati fuori da ogni tipo di collegamento.

Altri punti di debolezza?

“La non presenza di aziende ‘innovative’, al di là di alcune ‘perle’, che facciano investimenti sull’immagine”

Fai una proposta per la tua città…

“Guarda, se mi chiedi di dare un consiglio ad un interlocutore istituzionale, non vedo grosse possibilità di uscita, ma mi chiedo…un po’ di tempo fa non si era parlato di un polo tecnologico? Che fine ha fatto? Un posto fisico, dove si poteva affittare uno spazio. Un luogo che doveva dare alle aziende, i collegamenti preferenziali con eventuali acquirenti di prodotti tecnologici?”

Bene, rilanciamo l'idea: come dovrebbe essere un eventuale polo?

“Un luogo dove, se hai un’idea, trovi tutti i servizi ad ampio raggio per realizzarla: ufficio, segreteria, tecnologie. Potrebbe funzionare come le ‘incubatrici americane’, quindi con contatti continui con le big, che magari si fanno vive una volta all’anno, una volta ogni sei mesi e tocchino con mano”

Un Arezzo/mondo connection…

“Eh…qualcosa del genere!”